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SESSIONE: Dermatologia Clinica

Il ruolo della sensibilizzazione da contatto nelle melanosi del volto e del collo.
F. Bertolini, G. Visonà, S. Crescini.
C.M.L. dell’ INAIL sede di Padova, A.ULSS. 18 Rovigo – sede della Cittadella Socio-Sanitaria


 

La melanosi circoscritta localizzata nelle zone fotoesposte, detta cloasma, compare prevalentemente nel sesso femminile e solo occasionalmente in soggetti maschi adulti.

Può essere associato allo stato di gravidanza e manifestarsi in corso di affezioni ovariche o in donne in terapia contraccettiva orale, ma spesso appare come una patologia ad eziologia idiopatica.

La lesione tipica è caratterizzata da una iperpigmentazione circoscritta a carta geografica, di dimensioni variabili, di colore bruno scuro, a limiti in genere ben definiti ma irregolari,.

Le chiazze sono spesso a disposizione simmetrica e le localizzazioni più frequenti sono zigomi, fronte, tempie, labbro superiore, mento, mentre generalmente sono risparmiate le palpebre.

Sono stati spesso chiamati in causa gli estrogeni e il progesterone quali responsabili del cloasma, ma la rara osservazione della patologia in donne in menopausa, sottoposte a terapia estrogenica sostitutiva, fa presumere che questi ormoni da soli non possano essere i responsabili.

Inoltre esistono chiazze ipercromiche provocate da varie sostanze e generalmente questo tipo di ipercromie possono localizzarsi in qualsiasi zona del corpo purchè fotoesposta. .

Dette sostanze possono agire con un meccanismo fototossico, come accade per il catrame (malattia di Hoffman-Haberman) sia per meccanismo di tipo fotoallergico.

Le sostanze più conosciute per le loro proprietà fotosensibilizzanti sono l’acqua di colonia, i profumi contenenti furocumarine, i preparati a base di coal-tar e preparazioni topiche contenenti antistaminici, ma anche limoni, fichi, prezzemolo, foglie di carota, finocchio, sedano, felce, trifoglio, gra-no tenero, ed alcune erbe selvatiche.

Nel distretto cefalico, le ipermelanosi indotte da farmaci, quali sulfamidici, salicilati, barbiturici, an-tipirina, fenacetina e fenolftaleine, usualmente interessano solo le labbra e la mucosa orale. Questo tipo di melanosi è espressione dell’esito ipercromico postinfiammatorio conseguente all’eritema fisso da medicamenti.

A conclusione di quanto premesso, si può ritenere ancora aperto lo studio della eziopatogenesi di un grande numero di ipermelanosi del distretto cefalico.

Il disturbo è di notevole impatto sul piano individuale emozionale, anche se in modo differente da persona a persona, in base a fattori individuali, culturali e ambientali, come rivela uno studio effet-tuato su donne della regione meridionale del Brasile.

Vista la difficoltà di proporre una terapia veramente efficace nella eliminazione di questo disturbo, si ritiene utile approfondire le ricerca delle cause caso per caso.

Dall’osservazione occasionale di un miglioramento spontaneo delle ipercromie del volto e collo in pazienti che avevano smesso di tingere i capelli, pur non avendo sofferto in precedenza in modo evidente di dermatite allergica da contatto o di fotosensibilizzazione, si è pensato di sottoporre le pazienti con ipercromie del distretto cefalico a patch tests, serie SIDAPA, per individuare sensibilizzazioni da allergeni presenti nelle tinture.

Si riterrebbe più opportuno sottoporre i pazienti a fotopatch tests, ma vista il maggior impegno di questa indagine e la difficoltà di inviare ai pochi centri che effettuano questo studio, per un iniziale indagine si è valutata la semplice dermatite allergica da contatto senza valutare l’importante fattore “UVA“. Si riferiranno i dati raccolti in 6 mesi di osservazioni.

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