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Dermatologia Correttiva
Cicatrici da acne: trattamenti a confronto

Laser ablativi e non ablativi nel trattamento delle cicatrici da acne
P.L. Bencini
Italian Hitech Network in Dermatological Sciences - Milano


 

Le cicatrici acneiche rappresentano una patologia di difficile trattamento sia per la gravi implicazioni psicorelazionali che per il loro grande polimorfismo che richede spesso un approccio con tecniche chirurgiche composite e variabili.

Una rivoluzione nella terapia di questa condizione è indubbiamente avvenuta negli anni novanta con l’avvento del laser skin resurfacing, principalmente grazie alla commercializzazione di un laser CO2 ad alta energia e a brevi durate d’impulso conosciuto come laser CO2 ultrapulsato. Infatti La particolare lunghezza d’onda del laser CO2 (10600nm) viene assorbita selettivamente dall’acqua tissutale. Utilizzando laser con impulso dotati di elevata energia e di durata inferiore al tempo di rilasciamento termico cutaneo, si ottiene una vaporizzazione del tessuto irraggiato senza determinarne necrosi termica ed una buona emostasi dei vasi dermici. Con questa metodica rispondono bene le cicatrici avvallate ed atrofiche. Per ottenere risultati accettabili anche delle cicatrici “varioliformi”, tale tecnica può essere associata all’impiego di laser Erbium –Yag, mediante tecnica di overlapping e di scultura dei margini delle cicatrici. La sua lunghezza d’onda di 2940 nm,assorbita molto più avidamente del CO2 dall’acqua cutanea, determina una ablazione priva di effetto termico.Gli interventi di laser resurfacing possono essere associati a tecniche chirurgiche tradizionali come la punch escissione e la punch circoncisione/rilevamento della cicatrice.

Il gran numero di effetti collaterali, l’alto rischio di complicanze ed il prolungato down-time dalle normali attività relazionali hanno fortemente compromesso l’impiego del resurfacing su molti soggetti, pertanto la richiesta da parte dei pazienti di ottenere un miglioramento estetico del volto con procedure che siano poco invasive ha determinato un allontanamento dalle metodiche ablative ed uno sviluppo della ricerca verso approcci diversi. In particolare è stata impiegata con successo la fototermolisi frazionale: Questa nuovissima tecnica sfrutta la capacità di determinare nella cute molteplici microdanni termici canalicolari. ciò è stato ottento inizialmente grazie a sorgenti laser emettenti nel vicino-medio infrarosso (1540 nm-1440 nm). Tali aree, definite microaree di denaturazione termica interessano sia l’epidermide che il derma ed hanno diametri così piccoli (100 microns), da non essere visibili ad occhio nudo. In tali zone si verificano da un punto di vista fotobiologico specifiche modificazioni tissutali che a carico dell’epidermiche sono rappresentate da una coagulazione non ablativa, a cui segue una microesfoliazione epidermica con un importante rinnovamento epiteliale, mentre a livello dermico si ha maturazione delle fibre collagene, con aumento della loro forza tensile, e comparsa di nuove fibre elastiche. La metodica è ambulatoriale e la procedura consiste in tre-quattro passaggi laser sulla superficie cutanea da trattare e deve essere ripetuta ogni 7-10 giorni per quattro volte. Obiettivamente si nota un intenso eritema con moderato edema di breve durata (poche ore per l’edema, 24-48 ore per l’eritema) Gli ottimi risultati clinici ottenuti hanno spinto l’industria a riprendere la ricerca tecnologica sul laser CO2 cercando di accoppiare le proprietà ablative epidermiche e di “collagen shrinkage”, patognomoniche dello skin resurfacing, alla parcellizzazione del danno termico propria della tecnica frazionale. E’ su queste basi che sono stati introdotti sistemi laser CO2 pulsati che consentono una erogazione frazionata (frattale) del fascio luminoso. La metodica, pur essendo ablativa, consente una riepitelizzazione molto più rapida e con un down time nettamente ridotto rispetto alla tecnica di resurfacing tradizionale. Infatti mentre in questo ultimo caso la riepitelizzazione avviene a partire dalle cellule staminali residue presenti nel “buldge” annessiale, con la metodica frattale l’”healing”si completa molto più velocemente, partendo dalle aree epidermiche indenni.

In ogni caso acneiche è estremamente difficile predire il reale miglioramento ottenibile che varia in relazione alla profondità della cicatrice e alla sua qualità. In generale è comunque ipotizzabile un miglioramento del 30%. In ogni caso occorre tener presente che le cicatrici acneiche sono sempre estremamente difficili da trattare qualunque metodo chirurgico venga utilizzato e il paziente talvolta non raggiunge il livello di soddisfazione desiderato con una sola metodica.

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