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Dermatologia pediatrica

Nevi melanocitari acquisiti
G. Pellacani1, I. Zalaudek2, S. Bassoli1, B. Ferrari1, G. Pupelli1, F. Farnetani1, G. Argenziano2, S. Seidenari1
1 Clinica Dermatologica, Università di Modena e Reggio Emilia, Modena
2 Clinica Dermatologica, 2nda Università di Napoli, Napoli


 

La teoria evoluzionistica dei nevi oggi maggiormente accreditata rimane dopo oltre 100 anni quella proposta da Unna nel 1893. Tuttavia stanno emergendo nuove evidenze che sembrano contrastare con tale ipotesi, prevalentemente derivate dalle osservazioni della prevalenza di particolari aspetti dermoscopici nelle diverse fasce di età.

La dermoscopia, in particolare associata alla microscopia confocale, offre la possibilità di osservare in vivo l’evoluzione delle lesioni melanocitarie. Abbiamo studiato una serie di lesioni melanocitarie benigne asportate chirurgicamente, caratterizzate dal presentare in modo univoco un singolo pattern dermoscopico, quale il reticolo pigmentato, i globuli oppure la pigmentazione diffusa omogenea. E’ stato possibile distinguere diversi sottogruppi appartenenti a ciascun pattern dermoscopico, ed in particolare è stato possibile distinguere lesioni con reticolo costituito da proliferazione di singoli melanociti giunzionali (jentigo) rispetto a quello costituito da piccole teche di melanociti prevalentemente giunzionali, e lesioni con globuli corrispondenti a numerosi aggregati giunzionali rispetto a quelle caratterizzate da aggregati interamente all’interno delle papille dermiche. I nevi di tipo omogeneo presentavano indistintamente una componente a singole cellule oppure a piccoli aggregati giunzionali.

Ottenuta una elevata correlazione istologica dei pattern dermoscopici e di microscopia confocale, abbiamo seguito per un periodo variabile dai 12 ai 16 mesi una serie di lesioni presentanti i singoli aspetti precedentemente identificati (reticolo e pattern lentigginoso; globuli e nidi prevalentemente giunzionali; globuli e nidi esclusivamente dermici) in bambini e giovani adulti di età compresa tra i 6 e i 30 anni.

Dalle nostre osservazioni è emerso che il gruppo caratterizzato da un pattern reticolare e aspetti lentigginosi non mostrava significative variazioni al follow-up, a parte una moderata estensione delle strutture alla periferia in 1 caso. I nevi costituiti da globuli e nidi giunzionali hanno invece mostrato una spiccata tendenza prevalentemente dei nidi periferici a spingersi alla periferia migrando attraverso gli spazi interpapillari. Infine le lesioni formate da globuli e nidi dermici hanno mostrato una lieve espansione del nido all’interno della stessa papilla, senza coinvolgere la giunzione dermoepidermica. Non è stato osservato in nessun caso il formarsi di aggregati cellulari a partire da singole cellule, né lo sgocciolamento di cellule o nidi nel derma.

Da questi dati preliminari la crescita delle lesioni melanocitarie benigne, contrariamente a quanto sostenuto in precedenza, pare avvenire per aumento numerico della componente già presente, senza variazione strutturale né cambiamento di comparto rispetto a quello di origine. Queste osservazioni trovano supporto nella teoria di Cramer, proposta nel 1984, in cui si ipotizzava, sulla base di studi di embriogenesi melanocitaria, che i nevi derivassero dall’accumulo di cellule che non erano state in grado di completare il loro processo maturativo dal nervo afferente fino alla migrazione intraepidermica, derivando le caratteristiche istologiche del nevo (dermico, composto o giunzionale) in funzione di quanto più precocemente tale accumulo si fosse originato.

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