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CORSO: Terapia fotodinamica
 

Terapia fotodinamica con ALA (PDT con 5 ALA) in ambito dermo-oncologico: limiti ed insuccessi
A. Crupi, Novara


 

La Photo Dynamic Therapy (PDT) è una metodica diagnostica-terapeutica non invasiva utilizzata in ambito dermatologico per il trattamento dei Carcinomi Basocellulari piano-superficiali e per le Cheratosi Attiniche. La PDT sfrutta l’azione di un pro-farmaco che, applicato per uso topico nelle zone da trattare, viene metabolizzato in una sostanza fotosensibilizzante (Protoporfirina IX) solo dalle cellule bersaglio; la successiva irradiazione, della zona cutanea interessata, con una sorgente luminosa (a 630 nm) determina la morte delle cellule bersaglio attivate.

Applicando in occlusiva una sostanza non farmacologia ( ALA, Acido 5-aminoLevulinico ) al 10% in crema base, o altro veicolo topico, sulle lesioni da trattare si è in grado di entrare nel metabolismo delle cellule tumorali stimolandole a produrre una sostanza ( PpIX ) fotoattiva.

Le lesioni cutanee così sensibilizzate vengono esposte ad una sorgente luminosa a luce rossa (Lampada S630), che rappresenta l’energia necessaria per attivare il fotosensibilizzante con conseguente produzione di radicali ossigeno tossici per le cellule medesime.

La cheratosi attinica rappresenta la più comune neoplasia cutanea circoscritta. E’ stimato, infatti, che il 60% dei soggetti con fototipo I, II e III oltre i 40 anni di età presentino almeno una cheratosi solare. Questa patologia è considerata da molti autori una vera e propria neoplasia fin dall’inizio e viene definita come “neoplasia intraepiteliale cheratinocitaria” (KIN): richiede pertanto una rapida diagnosi ed un efficace trattamento. La prevalenza della CA aumenta con l’età, con l’esposizione a fattori di rischio (elioesposizione) e aumenta in presenza di fattori predisponenti (immunosoppressione). In questi casi le lesioni sono spesso diffuse e recidivanti e necessitano di trattamenti multipli. Ad oggi sono disponibili sia terapie mediche (crema al 5-FU, peeling medio - profondi, diclofenac gel, imiquimod crema,..) che terapie chirurgiche (criochirurgia, elettrochirurgia, escissione chirurgica, laser-chirurgia,..). La PDT rappresenta una recente efficace acquisizione per il trattamento delle CA, ben tollerata e con eccellenti risultati cosmetici. Può inoltre risultare particolarmente utile per la scarsa invasività e la possibile ripetibilità che la contraddistinguono.

La PDT è particolarmente indicata in pazienti con intolleranze gravi agli anestetici, in pazienti con molte lesioni ed in zone cutanee varie e difficili da operare, in pazienti con pace-maker, in pazienti con terapia anticoagulante; inoltre la PDT offre notevoli vantaggi di tollerabilità, di ripetibilità, di selettività di azione con rispetto di cute sana limitrofa, di complicanze post-terapia; infine si può associare ad altri trattamenti di dermochirurgia come la biopsia a shaving, la diatermocoagulazione, il courettage, la crioterapia, ed anche l’exeresi successiva della lesione primaria ridotta nelle dimensioni dopo vari trattamenti di PDT.

Un primo limite a questa metodica terapeutica, qualora la si considera e la si pratica come metodica non invasiva, è rappresentato dalla mancanza di un riscontro istopatologico. Infatti, quando la PDT con ALA si effettua come pura terapia non invasiva e quindi senza l’uso di anestetico per infiltrazione e/o biopsia incisionale, l’assenza di un riscontro diagnostico istopatologico sulla reale natura della neoformazione cutanea da trattare, rappresenta un limite non poco rilevante. Inoltre bisogna ricordare come in alcuni casi sia indispensabile e necessario avere anche una reale valutazione della radicalità oncologica per il trattamento effettuato.

Un altro limite della PDT è rappresentato dalla sintomatologia dolorosa sia in trattamento che post-trattamemto con PDT: infatti circa il 50% dei pazienti riferiscono sensazioni di dolore e bruciore intensi nella fase del trattamento medesimo. In questi casi non è sufficiente raffreddare la zona trattata con l’uso di ventilatori o di acqua fredda spray, ma si dovrebbe adottare una terapia anti-dolorifica pre-trattamento e post-trattamento.

Gli insuccessi terapeutici veri e propri sono rappresentati dalle recidive locali a distanza di tempo più o meno vario: in venti casi di carcinoma basocellulare piano-superficiali trattati mediante PDT con ALA è stato riscontrato in un follow-up di 36 mesi recidive locali in una percentuale del 45%.

Verranno evidenziati casi clinici in cui la PDT risulta un trattamento altamente efficace per le cheratosi attiniche, in parte tollerato dai pazienti ( il 50% dei casi ) e capace di garantire eccellenti risultati estetici con buone percentuali di guarigione, sovrapponibili o superiori, rispetto ai trattamenti convenzionali.

Inoltre l’autore presenta alcuni casi clinici in cui, nonostante la standardizzazione della metodica, si assiste alla comparsa di recidive locali dopo un periodo di tempo vario dai 16 ai 36 mesi di distanza e pertanto si osservano i limiti che tale metodica in alcuni casi può presentare.

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