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NEWS (24/03/2006)

CORTE DI CASSAZIONE - SENTENZA N. 5444 DEL 14/03/2006
RESPONSABILITA’ EXTRACONTRATTUALE – RESPONSABILITA’ MEDICA – VIOLAZIONE DELL’OBBLIGO DEL CONSENSO INFORMATO

Importante decisione della Corte di cassazione civile in tema di responsabilità del sanitario (e di riflesso della struttura per cui egli agisce) per violazione dell’obbligo del consenso informato. Affrontando per la prima volta la questione, la Corte afferma che la responsabilità del sanitario per violazione dell’obbligo del consenso informato discende dalla tenuta della condotta omissiva di adempimento dell’obbligo di informazione circa le prevedibili conseguenze del trattamento cui il paziente venga sottoposto e dalla successiva verificazione, in conseguenza dell’esecuzione del trattamento stesso, e, quindi, in forza di un nesso di causalità con essa, di un aggravamento delle condizioni di salute del paziente, mentre, ai fini della configurazione di siffatta responsabilità è del tutto indifferente se il trattamento sia stato eseguito correttamente o meno, svolgendo rilievo la correttezza dell’esecuzione agli effetti della configurazione di una responsabilità sotto un profilo diverso, cioè riconducibile, ancorché nel quadro dell’unitario “rapporto” in forza del quale il trattamento è avvenuto, direttamente alla parte della prestazione del sanitario (e di riflesso della struttura ospedaliera per cui egli agisce) concretatesi nello svolgimento dell’attività di esecuzione del trattamento. In altri termini, secondo la Corte, la correttezza o meno del trattamento non assume alcun rilievo ai fini della sussistenza dell’illecito per violazione del consenso informato, in quanto è del tutto indifferente ai fini della configurazione della condotta omissiva dannosa e dell’ingiustizia del fatto, la quale sussiste per la semplice ragione che il paziente, a causa del deficit di informazione, non è stato messo in condizione di assentire al trattamento sanitario con una volontà consapevole delle sue implicazioni, con la conseguenza che, quindi, tale trattamento non può dirsi avvenuto previa prestazione di un valido consenso ed appare eseguito in violazione tanto dell'art. 32, secondo comma, della Costituzione (a norma del quale nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge), quanto dell'art. 13 della Costituzione (che garantisce l'inviolabilità della libertà personale con riferimento anche alla libertà di salvaguardia della propria salute e della propria integrità fisica), e dall'art. 33 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (che esclude la possibilità d'accertamenti e di trattamenti sanitari contro la volontà del paziente, se questo è in grado di prestarlo e non ricorrono i presupposti dello stato di necessità; ex art. 54 cod. pen.), donde la lesione della situazione giuridica del paziente inerente alla salute ed all’integrità fisica per il caso che esse, a causa dell’esecuzione del trattamento, si presentino peggiorate. Per converso, sul piano del danno-conseguenza, venendo in considerazione il mero peggioramento della salute e dell’integrità fisica del paziente, rimane del tutto indifferente che la sua verificazione sia dovuta ad un’esecuzione del trattamento corretta o scorretta.

Fonte: Corte di Cassazione - (Sezione Terza Civile, Presidente V. Duva, Relatore R. Frasca)


Integrazione della massima espressa in sentenza
Il medico dell'Asl, nell'attuare una terapia prescritta da uno specialista, deve informare il paziente dei rischi che corre. Se non lo fa l'azienda sanitaria ne risponde e ciò a prescindere dal corretto svolgimento del trattamento stesso. Nessuna responsabilità, invece, per il professionista che ha prescritto la terapia. Sentenza n. 5444 del 14 marzo 2006.

Fonte Forensia - legali associati




 

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