Il danno alla vita sessuale ed il danno estetico, la precisazione della Corte di Cassazione con la sent. 13547/09
Con questa sentenza la Corte di Cassazione chiarisce un aspetto importante circa la liquidazione
del danno alla vita sessuale e di quello estetico rispetto al danno biologico.
La questione, infatti, affrontata, riguardava un procedimento in cui i Giudici di Appello
riconoscevano, a titolo di danno biologico, una somma di danaro respingendo la richiesta di
liquidazione del danno alla vita sessuale e di quello estetico sull’assunto che non vi fosse
la prova di uno stato depressivo persistente conseguente all’intervento operatorio.
I Giudici della Corte d’Appello, quindi, includevano, così come era già avvenuto in altre sentenze,
il danno da attività sessuale nell’alveo del danno biologico. Così facendo, gli stessi
escludevano la liquidazione di un separato danno rispetto al danno biologico che in dottrina ed
in giurisprudenza è stato definito come esistenziale.
In punto di prova, giova segnalare che, l’alterazione psichica che parte attrice assumeva agli atti
di aver subito come conseguenza dell’intervento effettuato, veniva definita come “disturbo d’ansia”.
Tale disturbo non risulterebbe, quindi, idoneo ad integrare un danno psichico, posto che non vi
sarebbe la “compromissione patologica dell’integrità psichica”.
Secondo la Cassazione la motivazione della Corte territoriale non può dirsi adeguata ai criteri
di analiticità, complessità e completezza richiesti dalla definizione legislativa accolta dalla
SS. UU. della Corte di Cassazione.
La Cassazione, inoltre, ricorda che il diritto alla sessualità fu inquadrato da una sentenza
della Corte Costituzionale del 1987 n. 561 quale diritto inviolabile della persona essenziale
per l’espressione e lo sviluppo della stessa. Ciò che importa sottolineare è che la Cassazione,
con questa sentenza, rileva che certamente la riduzione della sessualità costituisca un danno
biologico, ma che unitamente a questo danno la compromissione psichica della sessualità medesima
debba intendersi come danno autonomo e che, conseguentemente, va liquidato in via equitativa.
Certamente, questa sentenza è condivisibile nel tentativo di spiegare e chiarire agli operatori del
diritto, in un momento come questo in cui vige sicuramente una certa confusione in tema di danno non
patrimoniale, l’opportunità di valutare in ogni caso, ogni singola componente del danno per stabilire,
se lo stesso, possa dirsi ricompreso nel danno da integrità psicofisica, oppure debba considerarsi
autonomo rispetto al danno biologico e, quindi, liquidato separatamente.
Fonte: studio legale naso
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