Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali
CIRCOLARE N. 40 / 05 del 22.12.05
PROT. 15/V/0021222/14.01.04.02
Alle Direzioni Regionali del lavoro
Alle Direzioni Provinciali del lavoro
LORO SEDI
Alla Regione Siciliana - Assessorato Lavoro - Ufficio Regionale del lavoro - Ispettorato del lavoro - PALERMO
Alla Provincia Autonoma di Bolzano - Assessorato lavoro - BOLZANO
Alla Provincia Autonoma diTrento - Assessorato lavoro - TRENTO
All'INPS - Direzione generale - ROMA
All'INAIL - Direzione generale - ROMA
Alla Direzione generale - per l'Attività Ispettiva - ROMA
Al SECIN - ROMA
OGGETTO: Patologie oncologiche - Periodo di comporto - Invalidità e situazione di handicap grave - Decreto legislativo n. 276/03, attuativo della legge Biagi e diritto al lavoro a tempo parziale.
A garanzia di una più efficace ed effettiva tutela dei lavoratori afflitti da patologie oncologiche
l'ordinamento giuridico ha recentemente introdotto ulteriori importanti istituti che, tuttavia, risultano
ancora poco conosciuti ed utilizzati anche per la mancanza di un quadro di riferimento unitario.
Tali strumenti risultano finalizzati, da un lato, all'adeguamento del periodo di comporto, ossia
di un periodo predeterminato durante il quale è giustificata la sospensione dell'obbligo
di prestazione lavorativo in capo al lavoratore e nel corso del quale il datore di lavoro non
può licenziare il lavoratore malato, con le necessità connesse allo stato di malattia, e,
dall'altro lato, all'incentivazione della flessibilità della prestazione lavorativa a favore del
prestatore di lavoro mediante il diritto a svolgere prestazioni di lavoro a tempo parziale per conciliare
esigenze di cura e mantenimento del posto di lavoro.
Periodo di comporto e ruolo della contrattazione collettiva.
Si ricorda, a questo proposito, quanto dispone l'articolo 2110 del Codice Civile in materia di sospensione
del rapporto di lavoro. In caso di malattia il datore di lavoro ha diritto di recedere dal contratto
a norma dell'articolo 2118 del Codice Civile solo una volta che sia decorso il periodo stabilito dalla
legge, dalle norme corporative, dagli usi o secondo equità, così demandando alla contrattazione collettiva
l'individuazione del cosiddetto periodo di comporto.
Alle determinazioni della autonomia collettiva è altresì demandata la possibilità di estensione
del suddetto periodo nelle particolari ipotesi di malattie lunghe, caratterizzate dalla necessità di
cure post-operatorie, terapie salvavita e di una conseguente gestione flessibile dei tempi di lavoro.
Tali ipotesi particolari di estensione del periodo di comporto si rivelano particolarmente significative
con riferimento a lavoratori affetti da malattie oncologiche, che spesso necessitano di
un periodo di comporto più ampio rispetto a quello previsto in via ordinaria.
Tuttavia, allo stato, esse si trovano disciplinate in pochi contratti collettivi ed esclusivamente
con riferimento alla regolazione dei rapporti di lavoro attivati in comparti del pubblico impiego.
Una loro più estesa diffusione è demandata dunque alla contrattazione collettiva soprattutto con riferimento
al rapporto di lavoro privato.
Si ricorda inoltre che per i contratti collettivi è prevista altresì la facoltà di prevedere, in capo al
lavoratore, il diritto a richiedere al datore di lavoro il godimento di un ulteriore periodo di
aspettativa non retribuita. Tale periodo, utilizzabile anche in caso di malattia di durata superiore al
periodo di comporto e computato successivamente a quest'ultimo, è previsto al fine di garantire una
maggiore tutela del lavoratore limitando il rischio di un licenziamento per superamento del periodo
di comporto ai sensi dell'articolo 2110 del Codice Civile.
Durante il periodo di aspettativa non retribuita, il lavoratore non avrà diritto alla retribuzione ma
il rapporto di lavoro si considererà sospeso e potrà dunque essere riattivato normalmente al
termine del periodo.
Invalidità e stato di handicap grave.
Unitamente alla regolamentazione della contrattazione collettiva relativa al periodo di comporto e
all'eventuale periodo di aspettativa non retribuita, il legislatore prevede una ulteriore possibilità di
astensione dalla attività lavorativa per il lavoratore affetto da tumore, nella particolare ipotesi in
cui allo stesso sia riconosciuta una situazione di invalidità.
In particolare, sono riconosciuti al malato di tumore due distinte tipologie di benefici: talune previste
in caso di riconoscimento in capo allo stesso di una invalidità civile, prevista e regolamentata della
legge n. 118 del 30 marzo 1971 e successive modificazioni; altre ipotizzate invece nel caso in cui al
lavoratore sia altresì riconosciuto lo stato di "handicap in situazione di gravità", regolamentato ai
sensi della legge n. 104 del 1992.
Per quanto attiene al primo profilo, e secondo quanto disposto dall'articolo 2 della legge n. 118 del 1971,
si considerano mutilati e invalidi civili i cittadini affetti da minorazioni congenite o acquisite,
anche a carattere progressivo che abbiano subito una riduzione della capacità lavorativa non inferiore ad
un terzo o, se minori di anni 18, che abbiano difficoltà persistenti a compiere i compiti e le funzioni
proprie della loro età.
Al riguardo, va evidenziato che nel caso in cui al lavoratore sia riconosciuta l'invalidità civile,
l'articolo 10 del decreto legislativo n. 509 del 1988 dispone che possano usufruire di un congedo
straordinario per cure, non superiore a trenta giorni - previsto ai sensi dell'articolo 26 della legge
n. 118 del 1971 - nel caso in cui sia riconosciuta agli stessi un'invalidità pari al cinquanta per cento.
Distinta è l'ipotesi di riconoscimento al lavoratore della situazione di handicap, regolata dalla legge
n. 104 del 1992. Lo stato di handicap, riconosciuto dalle unità sanitarie locali mediante commissioni
mediche, deve essere richiesto dal lavoratore e gli garantisce la possibilità di godere, in caso di
riconoscimento di handicap grave, alternativamente: di due ore al giorno di permesso retribuito o tre
giornate mensili di permesso retribuito. Il medesimo diritto è inoltre concesso anche ad un familiare
del malato, al quale è assicurata la possibilità di assisterlo nelle cure.
Inoltre, ai sensi dell'articolo 33, comma 6 della legge n. 142 del 1992, il lavoratore ha diritto a
richiedere il trasferimento, ove possibile, presso la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio
e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.
Lavoro a tempo parziale.
In considerazione del periodo di tempo variabile necessario alla cura delle patologie oncologiche,
e al fine di facilitare l'organizzazione del rapporto di lavoro in modo flessibile ed efficace per
il contemperamento delle esigenze del lavoratore o della lavoratrice e del datore di lavoro, l'articolo
46 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, ha poi recentemente previsto una particolare
regolamentazione nella disciplina del lavoro a tempo parziale.
Detta disciplina persegue una maggiore e più efficace valorizzazione del contratto di lavoro a tempo
parziale quale strumento efficace per adeguare le esigenze di competitività delle imprese con le istanze
di tutela del lavoratore, secondo gli obbiettivi già esposti con Circolare del n. 9 del 18 marzo 2004.
L'articolo 46, comma 1, lett. t), del decreto legislativo n. 276 del 2003, aggiungendo l'articolo 12 bis
alla legge n. 61 del 2000, prevede in capo ai lavoratori affetti da patologie oncologiche, per i quali
residui una ridotta capacità lavorativa, anche a causa degli effetti invalidanti delle terapie salvavita,
il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale verticale
o orizzontale.
Il diritto del lavoratore o della lavoratrice a richiedere la trasformazione del contratto è un diritto
soggettivo che mira a tutelarne, unitamente alla salute, la professionalità e la partecipazione al lavoro
come importante strumento di integrazione sociale e di permanenza nella vita attiva.
Per tali ragioni, nonché in considerazione del rango primario dell'interesse alla tutela della salute
cui è principalmente finalizzata la norma, il legislatore lo configura come una potestà che non può essere
negata sulla base di contrastanti esigenze aziendali. A tali esigenze, e all'accordo tra le parti, è invece
rimessa la quantificazione dell'orario ridotto nonché la scelta tra modalità orizzontali oppure verticali
di organizzazione dello stesso. In considerazione della ratio dell'istituto, nonché del carattere
soggettivo del diritto, l'organizzazione del tempo di lavoro dovrà in ogni caso essere pianificata tenendo
prioritariamente in considerazione le esigenze individuali specifiche del lavoratore o della lavoratrice.
Il rapporto di lavoro a tempo parziale dovrà poi essere trasformato nuovamente in rapporto di lavoro a
tempo pieno a richiesta del lavoratore, quando lo stato di salute lo renderà possibile.
Restano in ogni caso salve disposizioni più favorevoli per il prestatore di lavoro.