Se risponde a verità che il medico, nell'esercizio della sua professione, è civilmente e penalmente
responsabile del danno ingiusto eventualmente provocato al paziente per colpa o dolo e ne risponde
come qualunque altro soggetto secondo il principio generale (art. 1228 c.c.) in base al
quale "il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento
del danno, se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della
prestazione derivante da causa a lui non imputabile", è altrettanto vero che la maggior parte delle denunce
contro il medico per malpractice sono infondate ed ingiuste, ovvero il medico non ha colpa alcuna nei due terzi
e più dei casi in cui si verifica un danno alla salute del paziente per presunti errori professionali.
Il problema è molto importante e di scottante attualità, perché le accuse contro i medici stanno aumentando
ogni giorno di più; in tali evenienze, soprattutto in fase giudiziaria, di fatto il vero danno ingiusto alla
persona è quello che subisce il medico, sia a livello psico-fisico che a livello dell'immagine professionale,
con inevitabili ripercussioni in ambito lavorativo e familiare. Qualora nei confronti del medico innocente si
incardini un procedimento civile e/o penale senza alcun fondamento definito "temerario" dai giuristi,
l'ordinamento giuridico dà facoltà allo stesso di agire contro colui che lo ha accusato ingiustamente,
chiedendogli congruo risarcimento per essere stato leso il suo diritto all'immagine, alla reputazione, al buon
nome, alla riservatezza, all'identità personale e professionale, al suo onore di medico e, soprattutto,
di cittadino.
E' opportuno, pertanto, prevedere sanzioni più significative, vale a dire condanne risarcitorie
con effettiva valenza deterrente per chi abbia iniziato una causa con il solo e consapevole
obiettivo di trarne un guadagno economico speculativo ai danni del medico incolpevole e della
sua assicurazione, incurante delle conseguenze umane e patrimoniali che si scatenano inesorabilmente
in capo al soggetto o ai soggetti ingiustamente accusati.
Per concludere:
se, ogni persona prima di querelare o citare in giudizio un medico ricordasse il detto
"non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te" e tenesse presente
la gogna mediatica cui inevitabilmente viene esposto l'accusato, probabilmente sarebbe più cauto.
Avv. Cosimo Prete
Giurista della Cattedra di Medicina Legale
Facoltà di Giurisprudenza - Università di Lecce